Alla scoperta del mondo”

L’impresa più difficile, per noi, consiste nel dare un significato alla nostra vita, in quanto coscienti della nostra esistenza. La comprensione del significato della propria vita non viene improvvisamente acquisita ad una particolare età, ma è il risultato di un luogo processo di sviluppo. Ad ogni età cerchiamo di trovare un significato conforme al modo in cui la nostra mente e il nostro intelletto si sono già sviluppati. Spesso, però, noi genitori pretendiamo che la mente dei nostri figli funzioni come la nostra, non considerando che le idee sul significato della vita si sviluppano lentamente come avviene per il corpo e per l’intelletto.

Quali modalità adottare per sostenere i nostri figli nella scoperta del mondo?

 La capacità di pensare verbalmente si sviluppa lentamente, le parole in un primo momento sono soltanto dei modi per indicare le cose, dei suoni privi di significato finché i bambini non hanno avuto modo di osservare e di toccare ciò che li circonda. Senza il tatto, la sola vista dice loro ben poco, e senza l’esperienza sensoriale delle cose, ciò che gli altri affermano non acquista ai loro occhi nessun significato. E’ proprio attraverso l’osservazione diretta e la sensibilità tattile che si acquisisce un autentico significato delle parole, la consapevolezza del mondo fisico e delle sue proprietà. Confrontando percezioni simili si colgono le differenze, le somiglianze (di cavalli, sedie, tavoli…) e si arriva al concetto che permette ai piccoli di riconoscere un oggetto, solo però quando lo rivede. Gradualmente si acquisisce la capacità di evocare un oggetto o un avvenimento passato attraverso le parole.

Nell’articolo precedente abbiamo parlato del gioco come importante fattore di crescita, ma esso ha anche un’altra grande funzione psicologica: quella di riprodurre fatti, avvenimenti, sentimenti, che non sono ancora chiari. Si tratta del gioco di finzione o gioco simbolico che consente di esplorare ruoli diversi ed evocare situazioni particolari. Questo comportamento prevede l’acquisizione della capacità rappresentativa che compare nel secondo anno di vita,  ossia la capacità di pensare per immagini mentali, di rappresentarsi situazioni immaginarie in cui si “fa finta” che gli oggetti immaginati esistono utilizzando dei simboli. Tipico è il caso del bambino o della bambina che dato un certo oggetto qualunque lo parta all’orecchio fingendo di parlare al telefono.

Il gioco simbolico può assumere una funzione di tipo compensatorio. Come sappiamo, spesso i nostri figli subiscono piccole frustrazioni, il gioco permette loro di rivivere la situazione proibita a livello simbolico e di ottenere una sorta di compensazione: “posso far finta di piantare un chiodo sul muro perchè mi è stato proibito”.

Sarà capitato di vedere i nostri figli rimproverare i loro orsacchiotti con gli stessi atteggiamenti, con le stesse parole che noi genitori adottiamo con loro. Osservando le loro reazioni possiamo imparare molto dai nostri figli, renderci conto di come loro vedono noi e le nostre azioni, riflettendo sulla nostra condotta.

Per noi genitori è importante sapere che appropriarsi della realtà attraverso l’immaginazione e i simboli, è senz’altro la base educativa fondamentale per sviluppare la capacità di “stare al mondo” dei nostri figli. 

Racconti “fantastici”

Il raccontare storie “fantastiche” dalla viva voce dei genitori rappresenta un’importante attività per la crescita dei nostri figli. E’ uno strumento che contribuisce, così come il gioco simbolico, a chiarire le loro emozioni, a riconoscere le loro difficoltà e nello stesso tempo a suggerire soluzioni a conflitti che li turbano. Inoltre, è un supporto utilissimo per lo sviluppo del linguaggio. Racconti e letture devono essere adatti all’età: per i più piccoli (primo anno di vita) ci sono libri di figure da sfogliare e nominare, per passare successivamente a brevi racconti su aspetti della vita quotidiana per arrivare, infine,  alle storie fantastiche.

I tempi della parola e della lettura sono diversi da quelli dei video e della televisione; le parole che raccontano una storia, che descrivono personaggi e sentimenti, lasciano sempre uno spazio da riempire con la fantasia e l’immaginazione, a differenza delle immagini riprodotte dalla televisione che non possono sostituire le sensazioni connesse alla lettura della viva voce del genitore. Quello del racconto è anche un momento di intimità. Le parole uniscono, creano un clima accogliente, ci si sente protetti e al sicuro.

In un mondo dove tutti corriamo velocemente, proviamo a creare un nuovo spazio: quello della “lentezza” dove possiamo raccontare senza fretta. Uno spazio esclusivo, dove i nostri figli possono immaginare, riflettere, porre domande, esprimere dubbi, ascoltando la voce rassicurante di mamma e di papà che suscita emozioni e senso di potenza.

La Psicopedagogista dell’Associazione Scarabocchiando a casa di…

Giovanna D’Oronzio

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