Il capriccio come comunicazione del Sè nella prima infanzia – Prima Parte
Nel mio lavoro con le famiglie di bimbi fascia 0-3 anni, capita spesso che in consulenza si presentino genitori estenuati dai “capricci” dei propri bimbi, che mi raccontano si manifestino con urla e reazioni comportamentali anche molto forti (buttarsi a terra improvvisamente, sbattere la testa sul tavolo o contro il muro, mordersi da soli, lanciare oggetti, urlare a squarciagola ecc.) nei momenti meno opportuni (di fronte alla presenza di altre persone o quando il genitore non può dare ascolto al/alla bambino/a e ai quali non si riesce a dare un significato, mettendo a dura prova le famiglie nella gestione e educazione dei propri piccoli.
Alcuni genitori, di fronte a queste forti reazioni, tendono ad accontentare i propri bimbi in tutte le loro “apparenti” richieste, ma non ottenendo altro che un rinforzo direttamente proporzionale all’aumentare dei “capricci” sempre più estenuanti dei piccoli, senza riuscire mai ad accontentarli.
Altri, all’opposto, ignorano il capriccio, considerandolo una reazione insensata, provocatoria e di sfida verso gli adulti, che nasce da vizi senza senso e che va semplicemente ignorata.
Purtroppo entrambe le interpretazioni genitoriali appena descritte non offrono soluzioni efficaci e funzionali al benessere e all’educazione dei propri piccoli.
Ma perché i nostri bimbi improvvisamente iniziano a farci richieste insistenti con comportamenti talvolta così “teatrali”? Che significato hanno questi “capricci” e come occorre gestirli?
Come prima cosa è importante comprendere che dietro a queste modalità comportamentali così “teatrali” si nascondono invece dei bisogni interiori specifici dei nostri bimbi, che non essendo ancora in possesso della competenza linguistica e non avendo ancora maturato la consapevolezza delle proprie emozioni e abilità nella loro gestione (competenze che si svilupperanno nel corso della crescita anche attraverso la nostra mediazione educativa e del contesto di appartenenza), non sono in grado di esprimersi diversamente e che, da parte nostra, occorre imparare ad interpretare per poterli accompagnare in questa maturazione progressiva verso la padronanza emotiva e verso modalità comportamentali adeguate.
Quindi, come dobbiamo comportarci noi genitori?
Senza farsi prendere dal “panico” e spaventarci, perché magari non ne capiamo il significato, o senza farci prendere dalla rabbia perché forse li viviamo come una provocazione o sfida nei nostri confronti da parte loro, seppur sia una reazione più che normale da parte nostra, occorre osservare i nostri piccoli nella quotidianità ed imparare a conoscerli e pian piano riconoscere e prevedendone i loro bisogni specifici.